L’ARTE DELLA GIOIA – parte I° di Valeria Golino

🥐 COLAZIONE AL POLITEAMA
🎦L’ARTE DELLA GIOIA
📕Dal romanzo cult di GOLIARDA SAPIENZA

🎦 L’ARTE DELLA GIOIA parte I°
➜Domenica 26 gennaio ➤h. 9.00 colazione; h. 9.30 inizio film
REPLICA
➜Lunedì 27 gennaio ➤ 21.00

🎦 L’ARTE DELLA GIOIA parte II°
➜Domenica 2 febbraio ➤h. 9 colazione; h. 9.30 inizio film
REPLICA
➜Lunedì 3 febbraio ➤ 21.00

‼️ATTENZIONE: il film è un pò scabroso, parola della regista Valeria Golino. Ma proprio per questo lo abbiamo amato!😇

Quando la coach di dizione, Goliarda Sapienza, le disse che sarebbe stata una perfetta Modesta, l’eroina del suo romanzo allora inedito, Valeria Golino, attrice non ancora ventenne, non poteva sapere che quarant’anni dopo avrebbe portato sullo schermo (grande e piccolo) quell’opera ormai celebrata. “La gioia sfolgorante e selvaggia che rende il libro unico”, ha scritto Emmanuel Carrère, “attraversa il film come un flusso di corrente elettrica”. Grazie a Golino (e alla vivida interpretazione di Tecla Insolia), Modesta, personaggio ribelle, sulfureo, estraneo alla morale e alle convenzioni, che attraversa la Sicilia d’inizio Novecento animata solo dal proprio desiderio e dalla sete di libertà, prende vita. (aa)

A COMPLETE UNKNOWN di James Mangold

Giovedì 23 Gennaio21.00
Venerdì 24 Gennaio21.00
Sabato 25 Gennaio18.00        21.00
Domenica 26 Gennaio16.15        18.45        21.00
Lunedì 27 Gennaio21.00Versione originale sottotitolata in italiano
Martedì 29 Gennaio
Mercoledì 29 Gennaio21.00

1961. Al capezzale di Woody Guthrie, cantante folk in fin di vita, si presenta un ragazzo del Minnesota, Robert Zimmerman, che si fa chiamare Bob Dylan. Woody e l’amico Pete Seeger lo ascoltano suonare e capiscono di avere a che fare con un talento raro. Dylan si fa strada rapidamente nella scena newyorchese del Greenwich Village e diviene un artista folk adorato per la sua capacità di unire una musicalità innata a temi di protesta che non fanno sconti al sistema. Si lega sentimentalmente a Sylvie Russo, ma la tradisce con Joan Baez, altro talento della scena folk. Fino al 1965, anno della svolta “elettrica”, in cui Dylan suona con un gruppo rock e abbandona i testi impregnati di messaggi politici in favore di un lirismo surreale tra Rimbaud e Dylan Thomas. La comunità di Greenwich Village lo considera un traditore, ma il mondo è ormai ai suoi piedi.

“Chi vorresti essere? Tutto ciò che non vogliono che io sia”. Attorno a questa frase già di culto ruota tutta l’operazione di A Complete Unknown, basato sul libro di Elijah Wald “Dylan Goes Electric!” e approvato in fase di sceneggiatura da Dylan stesso.

Risolvere l’enigma Bob Dylan, tra verità e menzogna, mito e idolatria, rimane chiaramente un’impresa impossibile. Allora meglio accettare la vulgata dylaniana per come è e lavorare sulla percezione di Dylan, quella del pubblico dei primi Anni Sessanta e di noi spettatori del terzo millennio. In questo senso l’operazione di Mangold è coraggiosa: seppur non radicale quanto il trattamento di Todd Haynes in Io non sono qui – che scomponeva Dylan in personaggi multipli, interpretati da attori differenti tra loro per età o etnia di appartenenza – è quantomeno abbastanza accorta da evitare l’approccio più tradizionale alla materia biografica.

LILIANA di Ruggero Gabbai

Lunedì 27 Gennaio21.00

Nata a Milano il 10 settembre 1930 da Alberto Segre e Lucia Foligno, per il fatto di essere ebrea – per quanto di famiglia “agnostica” e perfino fatta battezzare obtorto collo dal padre – nel 1938 Liliana Segre si ritrova espulsa dalla scuola elementare a causa delle leggi razziali (o “razziste”, nelle sue parole).
Rimasta orfana di madre nei primi mesi di vita, dopo aver affrontato da sola le prigioni di Varese e Como, è arrestata col padre nel 1943 e con lui entra in quella di San Vittore a Milano. Il 30 gennaio del 1944 da lì, passando per la Stazione Centrale, sono condotti al famigerato binario 21 e caricati sul vagone merci che li porta ad Auschwitz-Birkenau. Lì, il padre e i nonni paterni vengono bruciati nei forni, mentre lei riesce a sopravvivere al freddo e alla fame e a fuggire dal campo a piedi, come in un esodo.

Dopo il rientro in Italia, nel silente imbarazzo dei suoi concittadini, tiene dentro di sé il trauma dell’esperienza. Fino a quando, a distanza di 45 anni, dopo l’esperienza della maternità e quella di una profonda depressione, non le è più possibile farlo, e decide di parlarne pubblicamente, in particolare nelle scuole.

Nel 2018, a 80 anni dalle leggi razziali fasciste, a sorpresa il presidente Mattarella la nomina senatrice a vita e lei si impegna, tra il 2018 e il 2022, nella creazione di una Commissione per il contrasto dei fenomeni dell’intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza; paradossalmente, a causa delle minacce di morte e dei messaggi di odio che riceve, le viene assegnata una scorta. È tra le fondatrici del Memoriale della Shoah di Milano, attiguo alla stazione da cui fu deportata per la Germania, dove ha voluto che venisse scolpita a lettere cubitali la parola “indifferenza”. Nel suo primo discorso al Senato, riportato parzialmente nel film, si augura di poter “aiutare gli italiani a respingere la tentazione dell’indifferenza”.

Presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2024 (Special Screening), Liliana di Ruggero Gabbai è un ritratto completo e ampiamente autorizzato, in cui si alternano tre piani temporali di racconto: gli anni delle leggi razziali, la Seconda guerra e i campi di concentramento; il momento in cui per la prima volta Segre decide di parlare di quell’esperienza, negli anni Novanta; e infine il presente, in cui la senatrice a vita si racconta ritornando a Pesaro, luogo dove nel 1948 conobbe suo marito Alfredo Belli Paci, e a Milano. Ma per scelta non ad Auschwitz, di cui vediamo però scorrere immagini recenti. Grazie a un archivio inutilizzato che risale a una regia precedente di Gabbai, Memoria – I sopravvissuti raccontano (1997), realizzato con il CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) di Milano e gli storici Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto (qui in veste di consulente storica, intervistò Segre nel 1994), riaffiora invece una prima testimonianza video inedita di una Segre di mezza età, in cui per la prima volta il fare memoria cede, anche se minimamente, all’emozione.

Oltre a ripercorrere, a beneficio di tutti, la sua parabola eccezionale e la trasformazione, tardiva eppure naturale, in testimone della Shoah e simbolo dell’antifascismo, il film indaga un tema essenziale e poco trattato, per lo meno nel nostro cinema: il rapporto tra la generazione dei sopravvissuti ai campi e quella dei loro figli. Per la prima volta accanto a Segre appaiono e testimoniano anche i suoi: Alberto, Luciano e Federica (e i nipoti Davide e Filippo). Una delle tante famiglie spezzate da un non detto abnorme, un vissuto indicibile e disumanizzante che trova modo di trasmettersi come un DNA, di continuare a pesare e influenzare le esistenze anche quando diventa esplicito, noto, mediatizzato. “Non ero pronta ma avevo bisogno di farlo”, dice Segre, con quel misto di dolcezza e durezza ben sottolineato da Ferruccio De Bortoli, tra gli intervistati che parlano di lei, quella precisione e pertinenza di linguaggio che le fa scandire ricordi e affermazioni senza un errore, un’esitazione.

EMILIA PEREZ

Giovedì 23 Gennaio21.00
Venerdì 24 Gennaio21.00
Sabato 25 Gennaio21.00
Domenica 26 Gennaio16.15        18.45        21.00
Lunedì 27 Gennaio
Martedì 29 Gennaio
Mercoledì 29 Gennaio21.00

Rita è un avvocato al servizio di un grande studio, più interessato a scagionare i criminali che a consegnarli alla giustizia.

Un giorno riceve un’offerta del tutto inaspettata: aiutare un potente boss del cartello messicano della droga a ritirarsi dai suoi loschi affari e sparire per sempre.

L’uomo ha in mente di attuare il progetto su cui lavora da anni: diventare la donna che ha sempre sognato di essere.

Insoddisfatta del suo lavoro, Rita decide di accettare l’incarico, ignara del fatto che questa scelta cambierà per sempre la vita di molti.