DIAMANTI di Ferzan Ozpetek

Sabato 28 dicembre18.00        21.00
Domenica 29 dicembre16.30        18.45        21.00
Lunedì 30 dicembre18.00        21.00
Martedì 31 dicembre16.30
Mercoledì 1 gennaio16.30        18.45        21.00

Fine anni ’70. Alberta e Gabriella Canova sovrintendono una grande sartoria specializzata in costumi per il cinema e il teatro: un microcosmo tutto al femminile del quale fanno parte la capo sarta Nina, che ha un figlio hikikomori ante litteram, la ricamatrice Eleonora, vedova con una nipote ribelle, Beatrice, la tingitrice Carlotta, la modista Paolina con un figlio piccolo che si nasconde nella stanza dei bottoni (quelli per gli abiti, non quelli del Pentagono), le sarte Nicoletta, malmenata picchiata dal marito Bruno, e Fausta, single ironica e “allupata”, più l’ultima arrivata, la giovane stagista Giuseppina. La cuoca del palazzo che ospita la sartoria è l’ex ballerina Silvana che ha una parola di conforto, e un pasto abbondante, per tutti.

Quando la costumista premio Oscar Bianca Vega commissiona alla sartoria Canova i costumi per il suo prossimo film le lavoratrici si buttano a capofitto nell’impresa, avendo cura di non fare mai incontrare la regina del teatro Alida con la nuova promessa del cinema Sofia. Vicino ad Alberta e Gabriella c’è la zia Olga, sorella di una madre scomparsa troppo presto ma ancora ben viva nei cuori delle figlie, come lo è la mamma di Ferzan Ozpetek nel suo.

Diamanti si apre e chiude con una di quelle tavolate che sono diventate un simbolo del cinema, e del modo di intendere la vita, di Ozpetek. Intorno al desco di apertura siedono le attrici del film e lo stesso regista, intento ad annunciare loro le sue intenzioni e ad assegnare i ruoli.

“Ci saranno in tutto quattro uomini”, annuncia fieramente: e di fatto i personaggi maschili nel film sono meramente di contorno. Più che al Pedro Almodovar cui all’inizio della carriera veniva paragonato, Ozpetek richiama qui il Francois Ozon di Otto donne e un mistero, dove gli uomini sparivano completamente (uno per mano di una delle protagoniste), e più che a Douglas Sirk strizza l’occhio al Leo McCarey di Un amore splendido. “Non c’è niente di quello che ti aspetti”, annuncia Ozpetek alle sue attrici, e invece Diamanti è esattamente quello che ci aspettiamo dal miglior Ozpetek, quello che ama in modo incondizionato le sue donne, e viene da loro ricambiato con fiducia e generosità.

Le donne che popolano la sartoria Canova possono litigare, insultarsi e prendersi in giro ma non si pugnalano alle spalle: non sorprende che alla sceneggiatura, oltre al regista, ci siano due mani femminili, Carlotta Corradi (anche autrice del soggetto) ed Elisa Casseri. Questo senso di “sorellanza” è incarnato al sommo grado dalle due protagoniste, legate tanto dall’affetto quanto da ricordi dolorosi che affrontano in modo speculare e contrario: Alberta passandoci sopra come uno schiacciasassi, Gabriella schivandoli accuratamente. Luisa Ranieri e Jasmine Trinca interiorizzano completamente i rispettivi ruoli, acquisendo fisicamente l’una una durezza programmatica, l’altra una negazione di sé che sfiora l’annullamento (mai le occhiaie di Trinca sono risultate tanto simboliche).

Al centro c’è anche il rispetto di Ozpetek per il lavoro sartoriale, che combina pazienza e precisione, estro e concretezza, e in particolare l’attenzione che chi crea costumi per lo spettacolo dà al rapporto fra i personaggi e il loro abito di scena, che dev’essere ispirazione e rafforzamento, veicolare il movimento del corpo e farsi gabbia solo per trasmettere l’idea di prigione. Ozpetek però continua a comunicare primariamente attraverso i volti e gli sguardi: fra sorelle, fra amanti, fra genitori e figli, fra i bambini e il mondo. Sono sguardi pinei di passione e di paura, sofferenza e sollievo.

NOSFERATU & Co. DA SIMBOLO A ICONA POP

Lunedì 30 Dicembre21.00

Sullo storico palco del Cinema Teatro Politeama di Fano,in occasione del suo centesimo anniversario di apertura e alla viglilia dell’uscita del nuovo remake di Nosferatu, il Maestro degli effetti speciali Andrea Giomaro, accompagnato da Sonia Caselli, vi condurrà alla scoperta della figura del vampiro e della sua prima prima apparizione al cinema.
Un monologo originale e coinvolgente a tratti divertente, un viaggio suggestivo alla scoperta della simbologia, delle leggende e delle mille curiosità su una delle figure più riconoscibili dell’immaginario collettivo.
Contemporaneamente, lo scultore Andrea Eusebi modellerà un busto in creta davanti gli occhi dei presenti.
Una serata diversa, non paurosa, ma dedicata ad un pubblico adulto e curioso.
Recentemente i due artisti hanno collaborato per ricreare Nosferatu per il film «Mimì il principe delle tenebre» di Brando Desica ricevendo prestigiosi riconoscimenti per il loro lavoro.
Lo spettacolo è arricchito dalle musiche originali composte ed eseguite dal vivo da Sabrina Bursi, con il contributo tecnico di Boris Panichi, videoproiezioni di Simona Bursi, un balletto a cura di Simona Paterniani e si chiude con l’entrata in scena dell’ attore Enrico Spelta truccato da Nosferatu ad opera di Carlo Diamantini attraverso l’uso di protesi cinematografiche.

REGIA: Maria Flora Giammarioli, Andrea Giomaro

UNA NOTTE A NEW YORK di Christie Hall

Giovedì 26 dicembre16.30        18.45        21.00
Venerdì 27 dicembre
Sabato 28 dicembre18.00        21.00
Domenica 29 dicembre16.30        18.45        21.00
Lunedì 30 dicembre21.00 VERSIONE ORIGINALE SOTTOTITOLATA IN ITALIANO 
Martedì 31 dicembre
Mercoledì 1 gennaio18.45        21.00

È sera e fa buio all’aeroporto JFK di New York. Una giovane donna, appena sbarcata, sale su un taxi in direzione di Manhattan. Il tassista prova a fare conversazione e a lei sembra non disturbare l’idea di scambiare qualche parola, nonostante Clark (è questo il nome di lui) non abbia peli sulla lingua. Lungo il tragitto, allungato da un incidente che blocca temporaneamente il traffico, il dialogo tra i due si fa più personale e l’uomo e la donna cominciano a rivelarsi cose che non hanno mai detto a nessun altro.

Prima che le macchine con la guida automatica sostituiscano del tutto i romantici taxi gialli e i loro autisti brontoloni, prima che ci risulti del tutto impossibile confrontarci anche solo per caso con chi non appartiene alla nostra bolla social, Chrsty Hall, alla sua opera prima da regista, ci tiene a ricordarci che l’incontro con un estraneo può essere un’epifania e funzionare meglio di una lunga seduta di psicoterapia.

Girato in sedici giorni, su un palcoscenico attorniato da maxi schermi che riproducevano l’ambiente esterno, Una notte a New York non si è allontanato troppo, in fase di realizzazione, dall’approccio teatrale per cui era stato pensato inizialmente. Ma, si sa, il cinema fa magie, e nel tempo di qualche secondo siamo già sotto l’effetto dell’incantesimo, capaci di credere che quelle siano davvero le luci della strada, capaci di sentirci non si sa come dentro l’abitacolo dell’auto, lungo la traiettoria che incrocia lo sguardo del tassista con quello della passeggera.

L’ORCHESTRA STONATA di Emmanuel Courcol

Lunedì 23 dicembre
Martedì 24 dicembre16.30
Mercoledì 25 dicembre21.00
Giovedì 26 dicembre16.30       21.00
Venerdì 27 dicembre

Celebre direttore d’orchestra, il quarantenne Thibaut scopre di essere malato di leucemia e di avere bisogno di un donatore di midollo osseo. Facendo indagini sulla compatibilità dei familiari viene a sapere di essere stato adottato e di avere un fratello di sangue, Jimmy, più giovane e proveniente dal nord della Francia. Diversi per carattere ed estrazione sociale, i due impareranno a conoscersi e a volersi bene, uniti dalla passione per la musica. E quando Thibaut scopre che Jimmy ha l’orecchio assoluto, lo spinge a diventare il direttore della banda musicale nella quale suona il trombone…

Una commedia drammatica semplice ed efficace, che mescola con abilità lacrima e risata, melodramma e realismo sociale.

La dote principale del cinema francese – quando scritto, recitato, confezionato con impeccabile abilità come nel caso di En fanfare – è quella di saper gestire con apparente naturalezza elementi eterogenei. Emmanuel Courcol, in passato autore dell’ottimo Weekend, parte dal dramma medico, passa alla vicenda famigliare dell’incontro tra i due fratelli adottati, poi allo scontro sociale fra i due protagonisti (uno borghese, l’altro proletario, uno realizzato, l’altro fallito) e infine arriva addirittura al racconto militante e sociale, con l’accenno alla crisi economica del nord e alle proteste operaie per la chiusura delle fabbriche… A fare da trait-d’union è naturalmente la musica, anch’essa connotata in modo duplice, raffinata e orchestrale nel caso di Thibaut, immediata e grezza, da fanfara per l’appunto, in quello di Jimmy, ma capace di avvicinare i due fratelli.

Grazie anche all’opposta, perfetta interpretazione di Benjamin Lavernhe (Thibaut) e Pierre Lottin (Jimmy), il primo sensibile e un po’ supponente nella scoperta di un mondo infinitamente distante dal suo, il secondo istintivo e umorale, desideroso di riscatto ma troppo orgoglioso per ammetterlo, il film alterna vari registri senza perdere il controllo della materia. Mai patetico o all’opposto manipolatorio (nonostante ci siano tutti gli elementi del caso, dalla relazione di Jimmy con una collega alla simpatia di un ragazzo down membro dell’orchestra), En fanfare dimostra limiti proprio in una scrittura fin troppo controllata. Le tante deviazioni della trama aiutano a evitare la trappola del risaputo (a un certo punto, ad esempio, il film potrebbe diventare una sorta di nuovo Grazie, Signora Thatcher…), ma rischiano anche di trasformare molti passaggi in piste narrative vuote: eppure Courcol sa giocare di dettagli, crea piccole, splendide scene rivelatrici (il furto della foto della madre in una palestra, l’incontro con la figlia di Jimmy, il ruolo della sorella acquisita di Thibaut…) e dà al suo film un passo da cinema popolare che arriva con naturalezza al finale corale, in cui le opposte idee di musica rappresentate dall’orchestra e dalla banda trovano un terreno d’intesa nel ritmo travolgente del Bolero di Ravel.